UN MISTERO INTRICATO

 

Erano circa le nove del mattino quando nel mio ufficio giunse una telefonata. Dall'altro lato una voce molto allarmata mi comunicò che era appena successo qualcosa di terribile in via West Street. A parlare era la cameriera della vittima. 

In compagnia del mio assistente Steve Johnson, ci precipitammo verso il luogo del delitto. Giunti sul posto, iniziammo a chiedere informazioni alla cameriera, la quale ancora sotto choc ci raccontò come erano andati i fatti:

-  Questa mattina la mia signora era molto nervosa, non voleva essere disturbata ed era molto taciturna. Per evitare di importunarla, ho deciso di andare a fare la spesa. Al mio ritardo però in casa non c'era nessuno. Mi sono messa a cercarla ovunque ma senza alcun risultato. Ho pensato dunque che fosse andata a fare una passeggiata e sono andata sul balcone per raccogliere il bucato. Improvvisamente ho scorto una strana ombra, piuttosto familiare, pochi metri più in là del balcone. Appena messa a fuoco la situazione, mi sono resa conto che quella sagoma doveva essere un cadavere; mi sono precipitata giù per verificare l'accaduto e appena mi sono avvicinata ho riconosciuto subito la vittima. Era la mia signora! Senza perdere tempo ho chiamato voi e un'ambulanza con la speranza che fosse ancora in vita ma purtroppo per lei non c'era più nulla da fare. -

A quel punto la donna scoppiò in un pianto. Mentre il mio assistente consolava la signora, io decisi di esaminare l'appartamento, con la speranza di trovare qualche indizio. Esaminando accuratamente ogni angolo dell'immobile, trovammo tracce di sangue che arrivavano vicino al balcone e un coltello piuttosto sporco.

- Non credo sinceramente che la donna si sia suicidata anche perché se così fosse stato non sarebbe senza dubbio potuta arrivare sin laggiù. Comunque sarà meglio attendere i risultati dell' autopsia. - dissi a Steve.

Pochi giorni dopo il medico legale ci comunicò i risultati emersi dalle analisi: sul corpo della vittima c'erano segni di graffi e percosse.

- Molto probabilmente prima di essere buttata di sotto, deve aver litigato con il suo assassino - ci comunicò il medico.

A questo punto non ci restava altro che trovare il colpevole. Poiché gli indizi a nostra disposizione erano ancora molto pochi, decisi di indagare un po’ di più sulla vita privata della vittima, interrogando nuovamente la domestica; quest'ultima ci disse che la signora Smith era proprietaria di una gioielleria al centro della città; non aveva figli e suo marito era deceduto due anni prima.

A quelle parole, insieme a Steve, iniziammo ad interrogare i vicini di casa della vittima. Attraverso quegli interrogatori capimmo che da un po’ di tempo a questa parte, nonostante fosse molto ricca, la signora Smith aveva dei debiti e questo ci permise di fare un passo in avanti nelle indagini. Inoltre scoprimmo che era cleptomane e che pur di saldare i suoi debiti era disposta a fare di tutto. Mentre ritornavamo sul luogo del delitto per comunicare le recenti scoperte alla cameriera, udimmo dal corridoio che lei stava parlando a telefono con qualcuno. Poiché la porta non era completamente chiusa, bastò una spinta decisa per aprirla e per cogliere la domestica in flagrante. A quel punto la donna cercò di fuggire ma, essendo circondata, fu costretta a confessare:

- Da qualche mese la signora era solita rubare qualunque cosa. Ogni giorno tornava dalla sua passeggiata pomeridiana con qualcosa di nuovo. Essendo a conoscenza della sua malattia, io l'avvertivo di cercare di autocontrollarsi ma non mi dava retta.

Finché l’altro giorno la vidi frugare nel mio portagioie e, sopraffatta dall'istinto, non ci vidi più. Le urlai contro e lei, per difendersi, decise di licenziarmi e mi mandò via di casa. Furiosa, decisi di vendicarmi e contattai un uomo che voleva fargliela pagare quanto me: il giornalaio. Quotidianamente la mia signora rubava una rivista dal suo negozio, promettendo di pagarla a fine mese. Questo però non accadeva e, poiché l'uomo non sopportava più di essere derubato, abbiamo organizzato insieme il delitto.

Questa mattina mi sono recata presso l’abitazione della signora Smith in compagnia del giornalaio e mi sono nascosta dietro la porta. Intanto lui ha bussato e, con la scusa di essere molto assetato, è riuscito ad entrare in casa. Contemporaneamente io mi sono precipitata in cucina ma, urtando contro la sedia, ho finito per tagliarmi con un chiodo sporgente.

Appena il mio complice è andato via, io ne ho approfittato e l’ho colta di sorpresa, colpendola alle spalle. Abbiamo litigato per circa cinque minuti, dopodiché lei ha afferrato un vaso sul balcone per colpirmi ma io sono stata più veloce di lei e l’ho spinta giù.

Poi ho architettato il suicidio, mettendo un coltello sporco di sangue sul tavolo e lasciandone la scia fino al balcone, per far credere che avesse tentato di tagliarsi le vene. A quel punto ho ripreso la mia divisa da cameriera e l’ho indossata, nonostante non lavorassi più per lei. -

A quelle parole la dichiarai in arresto e la invitai a seguirci in commissariato. Anche questa volta mistero risolto!                                                                                   

 

                                                                                                                       Antonia Sangiacomo II C

La lettura è per la nostra mente ciò che l’esercizio è per il nostro corpo.”

                                       Joseph Addison

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